storia
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Una favola
Fattoria delle Ripalte: un’azienda agricola sostenibile.
Manufatti e resti di forni fusori etruschi testimoniano insediamenti dal IX secolo A.C., ma è solo dalla prima metà dell’Ottocento, quando si cominciò ad estrarre il minerale dal Monte Calamita, che inizia un’attività umana ben documentata alle Ripe Alte.
Manufatti e resti di forni fusori etruschi testimoniano insediamenti dal IX secolo A.C., ma è solo dalla prima metà dell’Ottocento, quando si cominciò ad estrarre il minerale dal Monte Calamita, che inizia un’attività umana ben documentata alle Ripe Alte.
La Fattoria fu fondata nel 1896, dal Conte Tobler, nobiluomo svizzero innamorato dell'Italia, per realizzare un suo grande progetto: una fattoria moderna in cui la coltivazione della vite avesse grande importanza.
L'intero comprensorio, circa 450 ettari, rappresentava la più grande Azienda Agricola dell’isola, ma la produzione di vino e gli allevamenti furono abbandonati dai successivi proprietari interessati principalmente al soggiorno di piacere e alla caccia.
L’attuale proprietà, subentrata nel 1977, ha sviluppato la naturale vocazione turistica del territorio e, memore del passato, nel 2002 ha reintrodotto la viticultura: ora sedici ettari di nuove vigne occupano le migliori posizioni della Tenuta.
L'intero comprensorio, circa 450 ettari, rappresentava la più grande Azienda Agricola dell’isola, ma la produzione di vino e gli allevamenti furono abbandonati dai successivi proprietari interessati principalmente al soggiorno di piacere e alla caccia.
L’attuale proprietà, subentrata nel 1977, ha sviluppato la naturale vocazione turistica del territorio e, memore del passato, nel 2002 ha reintrodotto la viticultura: ora sedici ettari di nuove vigne occupano le migliori posizioni della Tenuta.
Una gran parte della produzione proviene da uve aleatico che, vinificate adeguatamente, generano un Rosato accattivante ed un Passito dolce e complesso, di piacevolissima beva. Gli altri vigneti sono impiantati con vitigni rappresentativi dell’area mediterranea: vermentino e fiano, alicante e carignano.
Il vigneto è piantato su suoli difficili, sassosi e molto drenati ed è, in parte, terrazzato. La vite produce poco ma la qualità delle uve è alta. I terreni sono condotti secondo i principi dell’agricoltura sostenibile: concimazione organica e sovescio, nessun diserbo chimico e limitati trattamenti fitosanitari.
Il vigneto è piantato su suoli difficili, sassosi e molto drenati ed è, in parte, terrazzato. La vite produce poco ma la qualità delle uve è alta. I terreni sono condotti secondo i principi dell’agricoltura sostenibile: concimazione organica e sovescio, nessun diserbo chimico e limitati trattamenti fitosanitari.
IL CONTE TOBLER
Attorno al 1890 la selvaggia bellezza della zona attirò l’attenzione di una figura notevole, Oscar Tobler, solito a percorrere il Tirreno sul suo panfilo partendo dalla base livornese. Di famiglia svizzera trasferita a Livorno già nel 1772, Tobler fu – tra Livorno e Pisa - imprenditore in più settori. La sua passione, però, fu sempre l’agricoltura, vista in una dimensione tra economico/razionale e umanistico/sociale.
Tra 1889 e il 1906 egli acquistò quattro proprietà sull’isola. La Tenuta di Capo Calamita (oggi Tenuta delle Ripalte) fu l’investimento più imponente e più rischioso per la sua posizione isolata (vi si accedeva solo con sentieri o dal mare, perché l’attuale strada d’accesso fu realizzata solo nel 1925, per uso delle miniere). L’area era priva di una popolazione residente e i lavoratori arrivavano a piedi da Capoliveri, a 9 km di distanza.
Essa fu anche la più “mirata” agronomicamente, perché finalizzata quasi solo alla produzione di vino (le memorie paesane parlano di più di tremila barili annui attorno al 1910), venduto a commercianti genovesi che lo caricavano su velieri che attraccavano alle spiagge lungo la costa.
Tra 1889 e il 1906 egli acquistò quattro proprietà sull’isola. La Tenuta di Capo Calamita (oggi Tenuta delle Ripalte) fu l’investimento più imponente e più rischioso per la sua posizione isolata (vi si accedeva solo con sentieri o dal mare, perché l’attuale strada d’accesso fu realizzata solo nel 1925, per uso delle miniere). L’area era priva di una popolazione residente e i lavoratori arrivavano a piedi da Capoliveri, a 9 km di distanza.
Essa fu anche la più “mirata” agronomicamente, perché finalizzata quasi solo alla produzione di vino (le memorie paesane parlano di più di tremila barili annui attorno al 1910), venduto a commercianti genovesi che lo caricavano su velieri che attraccavano alle spiagge lungo la costa.
La fortuna economica di Tobler diminuì al termine del primo conflitto mondiale; tra le due guerre mondiali egli vendette la Tenuta a una figura di rilievo dell’Industria italiana, Umberto Quintavalle (per decenni vicepresidente e direttore generale della Magneti Marelli), che però ridusse la produzione vinicola, trasformandola in uno splendido “buen retiro” per sé, la famiglia e gli amici.
Iniziò allora la consuetudine di grandi battute di caccia settembrine (la tenuta era ed è ricca di lepri, fagiani, pernici), cui intervenivano numerosi esponenti del mondo imprenditoriale e delle professioni. Questa attività continuò anche dopo il passaggio della tenuta alla figlia Luisa, sposata al marchese Niccolò Theodoli. Nel frattempo l’economia dell’Elba, e in particolare di Capoliveri, da agricola e mineraria, si trasformò in turistica, e in questa evoluzione si è inserita la gestione attuale della Tenuta.
Oggi, con l’integrazione tra produzione di vino e ospitalità, si ritorna allo spirito originario di Oscar Tobler.
Iniziò allora la consuetudine di grandi battute di caccia settembrine (la tenuta era ed è ricca di lepri, fagiani, pernici), cui intervenivano numerosi esponenti del mondo imprenditoriale e delle professioni. Questa attività continuò anche dopo il passaggio della tenuta alla figlia Luisa, sposata al marchese Niccolò Theodoli. Nel frattempo l’economia dell’Elba, e in particolare di Capoliveri, da agricola e mineraria, si trasformò in turistica, e in questa evoluzione si è inserita la gestione attuale della Tenuta.
Oggi, con l’integrazione tra produzione di vino e ospitalità, si ritorna allo spirito originario di Oscar Tobler.
PIERMARIO MELETTI CAVALLARI
Entrato nella Società all'inizio del progetto vitivinicolo, ne è il responsabile e il regista.
Il suo coinvolgimento nasce dalla sua passione per i vini passiti ed è rafforzato dall'unicità e potenzialità del territorio delle Ripalte.
Per Piermario è stata una nuova avventura, a seguito dell'iniziale carriera dirigenziale a Milano, del pionieristico wine bar a Bergamo Alta e della trentennale esperienza di viticultore a Bolgheri, con la creazione e lo sviluppo di Grattamacco. In questo podere, da sempre annoverato nelle etichette "classiche" della D.O.C. Bolgheri, aveva già piantato un filare di Aleatico con cui fare un po' di vino per gli amici.
La sua passione per la viticoltura lo ha portato a valorizzare un vigneto ormai dimenticato sull’Isola: l’Alicante. Con una vinificazione che rifugge da sovramaturazione e sovraestrazione, ha definito un vino rosso di grande eleganza e bevibilità, diverso dai Bolgheri come struttura tannica, ma non meno complesso e godibile.
Il suo coinvolgimento nasce dalla sua passione per i vini passiti ed è rafforzato dall'unicità e potenzialità del territorio delle Ripalte.
Per Piermario è stata una nuova avventura, a seguito dell'iniziale carriera dirigenziale a Milano, del pionieristico wine bar a Bergamo Alta e della trentennale esperienza di viticultore a Bolgheri, con la creazione e lo sviluppo di Grattamacco. In questo podere, da sempre annoverato nelle etichette "classiche" della D.O.C. Bolgheri, aveva già piantato un filare di Aleatico con cui fare un po' di vino per gli amici.
La sua passione per la viticoltura lo ha portato a valorizzare un vigneto ormai dimenticato sull’Isola: l’Alicante. Con una vinificazione che rifugge da sovramaturazione e sovraestrazione, ha definito un vino rosso di grande eleganza e bevibilità, diverso dai Bolgheri come struttura tannica, ma non meno complesso e godibile.